mindfulness: essere consapevoli

-La prima cosa che abbiamo fatto tutti noi quando siamo nati è stata una profonda e intensa respirazione. Non dev’essere stato affatto semplice respirare per la prima volta, sicuramente tutto il nostro corpo e la nostra mente erano impegnati al massimo in quel compito. Eppure, ora che siamo grandi, non ci pensiamo più al fatto che se non ci fossimo impegnati e ricordati di respirare in quel momento, non saremmo qui. Non lo trovate buffo?-
L’istruttore ha esordito così quella sera, al primo incontro del corso MBSR (Riduzione dello Stress Basata sulla Mindfulness). Di quel corso conoscevo il nome e poco altro. In realtà no, ne avevo fatto una rapida ricerca su google, ma mi erano balzati agli occhi dei titoli così assurdi, tipo “Mindfulness, una tecnica di autoipnosi”, che ho deciso di frequentarlo almeno un po’, prima di farmene un’idea.
L'”Opera Santa Rita”, l’organizzazione per la quale lavoro, ha realizzato questo corso e lo ha reso gratuito per i propri dipendenti, quindi ho pensato che sarebbe stato interessante parteciparvi.
-Che cosa vuol dire essere consapevoli? Vuol dire forse che siamo al corrente di come le cose funzionano e di come esse si collocano nell’ambiente? Vuol dire per caso che sappiamo chi siamo e perché ci comportiamo in una certa maniera?
Queste risposte potrebbero essere tutte giuste, come potrebbe non esserlo nessuna di queste. In realtà non credo sia possibile esprimere verbalmente in maniera delineata e concisa il significato di essere consapevoli.
Quindi provate a fare un semplice esercizio: respirate.-
Io e i miei colleghi ci siamo guardati attorno un po’ incerti, ma compiaciuti, sicuri di eseguire il banale compito in maniera corretta.
Qualche secondo di silenzio.
-Lo avete fatto? Probabilmente sì. Credo proprio che quando vi ho chiesto di respirare la vostra attenzione sia caduta sul vostro respiro per un attimo, la domanda è: eravate consapevoli del vostro respiro in quel momento? E il quesito che segue di conseguenza è: pochi minuti fa, quando stavate aspettando che iniziassi a parlare, eravate altrettanto consapevoli che stavate respirando?-
Il discorso si faceva un po’ enigmatico. Due o tre frasi da prestigiatore per impressionare e stupire i creduloni sono sempre delle buone tecniche per intrattenere in queste circostanze. Forse il vero motivo che mi ha spinto a partecipare a questo corso è stato proprio quello di sfidare il mio scetticismo. Vedremo.
-Ci sono vari modi di rispondere a queste domande e la qualità delle risposte fa la differenza.- L’istruttore ha cominciato a passeggiare con aria sicura e decisa davanti a noi, forte del fatto che la sua recita stesse andando a buon fine.

-Un paio di cose però possiamo intuirle già:

l’attenzione è un importante cardine della consapevolezza. Se non vi avessi chiesto di porre attenzione sul vostro respiro, non ci avreste pensato. Ma c’è un altro pilastro che accompagna l’attenzione, cioè il tempo, precisamente il momento presente: noi siamo consapevoli in un determinato momento solo di quello che in quel preciso arco di tempo ci passa per la testa. Quindi la nostra consapevolezza si modifica in funzione della nostra attenzione e del tempo.-
Fin qui ha dato la definizione di un concetto, anche banale; parla così lentamente che se continua così non so se riuscirà a spiegarci di cosa si tratta il corso come deve.
-Tenendo ben in mente questo concetto, cerchiamo di rispondere alle domande che ci siamo posti prima. Come ho già accennato, ciò che in questo corso conta è la qualità della nostra consapevolezza: se vi chiedo di concentrarvi sul vostro respiro, cosa mi sapete dire al riguardo?-
Un attimo di silenzio. E’ una domanda autoreferenziale come tutte quelle dette prima o vuole veramente una risposta?
-Fatevi avanti, coraggio.-
Una mano timida dall’altra parte della stanza rispetto a dove ero io si stava alzando: -Io sento l’aria che entra, i polmoni che si gonfiano e poi si sgonfiano.-
L’istruttore passeggiava davanti a noi in cerca di qualche altra voce: -Tutto qui? C’è qualcuno che ha sentito qualcos’altro?-
Credo che in quel momento tutti capirono che lui non stesse cercando una risposta banale e si misero sull’attenti. La prossima risposta sarebbe dovuta essere tecnicamente più completa.
Un’altra mano alla mia destra si era allungata: -Si può respirare con il naso o con la bocca, oppure è possibile fare dei respiri più o meno profon…-
-No no no! Attenzione: non ho chiesto di dirmi quali sono i vari modi in cui si può respirare, vi ho chiesto di concentrarvi sul vostro respiro nel qui e ora di questo incontro e di descrivermi cosa percepite. Allora nessun altro?-
Era chiaro che il nostro istruttore ci avesse attirato in un tranello nel quale siamo caduti in pieno e che ora ci avrebbe sorpreso con una risposta plausibile ma futile.
-Nessuno mi sa dire nulla sugli ingressi delle narici, molto sensibili alla temperatura dell’aria, che si gelano durante l’ispirazione? Oppure sulla peluria dentro il naso che si scuote al passaggio dell’aria? Chi ha mai notato il punto del nostro setto nasale dove l’aria si riscalda fino alla temperatura del nostro corpo? Chi ha mai notato la sensazione che si crea nella gola al passaggio dell’aria in entrata e uscita? A me sembra essere della stessa natura del pizzicore in gola prima del colpo di tosse, solo molto più lieve. Nessuno ha mai fatto caso a quanta fatica facciano i muscoli del nostro busto per espandere i polmoni? E a quanta poca di questa sia necessaria per buttare fuori l’aria in un colpo solo?-
Un attimo di silenzio.
Vorrei poter dire che questa era la risposta futile che mi aspettavo, magari qualcuno lo ha pensato, ma c’era qualcosa di strano, che non mi sapevo spiegare, che mi impediva di considerarla una risposta banale: io ho mai avuto queste sensazioni? Certo che sì, ho pensato. Si sta parlando della respirazione dopotutto, lo facciamo di continuo, sappiamo per forza come funziona.
Il silenzio si stava prolungando quasi all’infinito; credo che tutti non aspettassero altro che l’istruttore riprendesse a parlare, invece di passeggiare con quell’aria sicura.
-Non vi è mai passato il pensiero che forse dedichiamo troppo del nostro tempo al passato e al futuro, ma pochissimo di questo è dedicato al qui e ora? Pensate a quanta esperienza perdiamo ogni momento che passa, se non siamo mai riusciti neanche a renderci conto di cosa vuol dire respirare!- Finalmente aveva ripreso a parlare.
-Questo corso non ha niente a che fare con la religione, ma una citazione concedetemela. Il Buddha disse: “Quando ti prendi cura di questo momento, ti prendi cura di tutto il tempo”. Rifletteteci un attimo.-
Sapevo che avrebbe cominciato a tirar fuori concetti a caso, che non traggono nessun riferimento dalla letteratura scientifica.
-Ma non vorrei creare troppa confusione, quindi cercherò di chiarirvi le idee su questo corso: Mindfulness è una parola inglese che si può tradurre più o meno così: intenzionale consapevolezza non giudicante del momento presente. Come avrete intuito questo concetto deriva da tradizioni culturali orientali, ma non solo: la maggior parte delle culture nella storia dell’uomo ha dato importanza alla consapevolezza, anche nella tradizione cristiana ci sono stati dei praticanti molto famosi, come San Giovanni della Croce. Dall’oriente sono state tratte alcune tecniche, diciamo, per allenare la consapevolezza; sto parlando della meditazione e le sue svariate forme.

L'essere "mindful", letteralmente avere pienezza di mente,

è quindi un’attitudine alla vita, più che un esercizio mentale.
Questo corso, il programma MBSR, è stato ideato da Jon Kabat-Zinn negli anni ’70 e racchiude in sé varie tecniche per mettere in pratica questa consapevolezza. E’ stato applicato a svariati gruppi clinici, dalla psicopatologia al dolore neurofisiologico cronico, ottenendo risultati empirici di alto rilievo. L’applicazione della mindfulness è diventata una tecnica psicoterapeutica riconosciuta dall’APA, un’importante organizzazione americana di psicologia; nonché l’MBSR è ora uno dei corsi più ricercati per la crescita personale.-
Il mio scetticismo si diradava man a mano che ascoltavo queste parole, anche se era come se stesse parlando di qualcosa che non potevo comprendere a pieno: cosa c’entra il respiro? Com’è possibile che stando seduti a “meditare” si guarisca dalla depressione?
-Quindi la meditazione può aiutare a curare alcuni disturbi? Com’è possibile?- Una voce troppo frettolosa di parlare aveva esordito.
-Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire da un concetto importante: noi tutti siamo oggettivamente fortunati ad essere in vita; questa è una cosa che dovremmo ricordarci più spesso. Allora perché una persona che è in vita, quindi fortunata, diventa depressa? Probabilmente perché ognuno di noi vede la realtà dal proprio punto di vista, con i propri filtri e aspettative; agli stessi fatti due persone potrebbero reagire in modi completamente differenti.
Durante la meditazione ci si siede in una posizione comoda e si mantiene la nostra attenzione sul respiro o un altro supporto, per esempio il corpo; questo è importante per rimanere legati al presente.
Tuttavia ci sono due regole che si devono tenere a mente. La prima deriva dal fatto che è impossibile impedire alla mente di vagare: bisogna quindi porre un’attenzione consapevole sull’esperienza di ogni momento che passa, che sia una sensazione corporea come un prurito, oppure una reazione emotiva come l’ansia, o un’immagine o un discorso mentale. Se si presta un’attenzione completa a queste esperienze sarà più facile lasciarle andare e tornare a concentrarsi sul respiro.
La seconda invece riguarda l’atteggiamento con cui affrontiamo queste esperienze: bisogna impegnarci nell’accettazione incondizionata di tutto quello che sopraggiunge ai nostri sensi e alla nostra mente: questo significa rimanere curiosi, ma distaccati, attenti, non pregiudizievoli verso l’esperienza, soprattutto verso i contenuti mentali che hanno una connotazione emotiva ostile.
La meditazione è un esercizio mentale che ci serve per ritornare ogni volta al presente, al respiro, alla nostra vita che è solo nel qui e ora, non nel passato o nel futuro o in un altro luogo. Dopo che un pensiero ci ha invaso la mente senza il nostro permesso, possiamo osservarlo, accettarlo così com’è senza cercare di cambiarlo, senza affibbiarlo alla nostra persona, e poi tornare al nostro respiro.
Pensate a quanta soddisfazione può trarre una persona ansiosa che, pur solo per un secondo, riesce a dire a se stessa “sono tremendamente gelosa, sono fatta così, ho fatto una scenata assurda al mio partner, ora però voglio tornare sul mio respiro, non posso cambiare il passato, non posso fare altro che accettarmi per quello che ho fatto”.-
In quel momento il cervello mi stava andando in tilt: come fare a mettere in pratica tutte queste cose astratte? Non si riesce granché bene ad avere un’idea chiara di tutta la storia.
-Ma non impressionatevi da questa parte teorica, poiché la Mindfulness è principalmente pratica e l’esperienza che ognuno ha su se stesso è più esplicativa di qualsiasi altra cosa. Quindi, se queste premesse vi hanno incuriosito a sufficienza, possiamo provare ad essere veramente consapevoli. Passiamo alla pratica.-

Bibliografia:
L’attenzione, Franca Stablum, 2007, p. 97-101
Mindfulness Essere consapevoli, Gherardo Amadei, 2013

Mindfulness: essere consapevoli

Le storielle più belle

Logo di Giorgio Schinco Psicologo


Giorgio S
chinco

PsicoLOGO e mindfulness teacher

Studio

Via dell’alberaccio, 54
Prato (PO) 59100