L'omertà è un crimine?

Ogni anno nel mese di agosto scendo giù al Sud, in Calabria, per riassaporare una terra che si fa fatica a dimenticare. Mio padre abitava lì prima di sposarsi e venire a vivere qui a Bologna.
Ogni volta che ritorno in queste terre affiorano i ricordi, l’aria si elettrizza e la tensione è così densa che si può palpare con le punte delle dita semplicemente allungando la mano; forse non è l’ambiente a farmi questo effetto, ma il mio cuore che si scioglie all’affiorare dei ricordi.
Prendo il treno che percorre tutta la costa adriatica per scendere al Sud, questo è un buon modo per pensare; stare seduto davanti alla mia ragazza che si è unita a me in questo pellegrinaggio e parlare insieme dei ricordi è quello che mi ci vuole. Ah quand’è che l’umanità ha scordato il dono della parola? Forse studiando psicologia mi è più chiaro il suo potenziale, ma per quale ragione è così difficile parlare?
Siamo ospitati spesso a casa dei miei nonni, che sono i migliori nonni che mi potevano capitare. Mia nonna non smette mai di sorprendermi, ha la forza di una trentenne in buona salute; non tralascia niente, pensa a tutto, scruta e ascolta i tuoi bisbigli, sa già cosa ti servirà senza che tu glielo chieda. Mio nonno, che si è addolcito dal culto dell’uomo autoritario che vigeva nella sua società, ora è semplicemente un uomo tenero e amabile.

-Allora hai deciso di partire?-

-Sì, mi aspetta una nuova vita, lontana dalla Calabria-
-Hai paura?-
-No. Se avessi paura di andarmene, avrei paura di vivere veramente-
-Ti auguro tutto il bene che il mondo ti può offrire, sei meravigliosa. Sono contento che non hai permesso ad altri, ancora una volta, di decidere della tua esistenza. Forse avvertirai dentro di te una freschezza a tratti spaventosa quando sarai all’estero, valle incontro, mia amica e cugina, poiché è dentro di te che comincia la tua nuova vita-

Dicono che sia possibile dimenticare, dicono che tutto può essere come prima, dicono che sono cose che capitano, dicono che non si possa fare niente, dicono di non impicciarsi, dicono di non parlarne, dicono che ormai è una storia vecchia.
Il coping è la strategia che una persona sceglie di utilizzare per affrontare una situazione dolorosa interiore. C’è chi cerca di avere un’esperienza migliore della sofferenza utilizzando gli stupefacenti, l’alcool in questo fa da padrone; c’è chi si arrabbia e tira fuori tutta la sua ira scaricandola su oggetti o persone; c’è chi parla del suo malessere interiore ed è quasi come ci fosse sempre qualcosa da aggiungere, qualcosa da far sapere agli altri, un’emozione da tirare fuori; c’è chi ignora e dimentica, apparentemente. Quest’ultimi sono gli omertosi, non per questo sono i più cattivi o le persone che hanno fatto la scelta più sbagliata. Intendo dire che tutti noi scegliamo la strategia di coping che meglio abbiamo a disposizione, quella che troviamo più giusta per noi e per gli altri e questo dipende essenzialmente dalla nostra esperienza e genetica.

Quando scendo in Calabria d’estate, solo i miei nonni sono pronti ad accogliermi al mio arrivo. La maggior parte dei miei parenti è rintanata da qualche parte; sono tutti presi dalla stagione estiva che, da queste parti, è la più remunerativa. In questo senso non c’è molto tempo da dedicarci a vicenda e mi sembra quasi sgarbato far notare a tutti che sono arrivato.
Ma non è precisamente per vedere i miei parenti che scendo in Calabria, o meglio, forse se non ci fossero i nonni non sentirei più l’esigenza di scendere.
Ogni volta che vedo uno di loro, eccetto i miei nonni, sento un sussulto al cuore, come se delle rivelazioni veramente forti potessero esplodere fuori in un lampo, come se ci fosse un conto in sospeso che non è mai stato chiarito come si deve. Poi, passato quest’attimo, ognuno di loro mi sorride; tutti sembrano gioiosi di rivedermi e la tensione cala dentro di me. Tuttavia, è come se quest’ansia non mi abbandonasse mai, in tutti i momenti che passo in compagnia della mia famiglia d’origine paterna.
Forse con i nonni non mi fa questo effetto perché con loro ci ho parlato di quello che è successo! Ma poco importa se il mio cuore si stringe quando incontro gli altri parenti calabresi, poiché so perfettamente che la nostra conversazione, per causa mia o causa loro, terminerà in un tempo molto breve.
Mi domando se anche tra di loro hanno sentito questa tensione un tempo, o se tra di loro ne hanno sempre parlato di questa situazione e hanno risolto i loro demoni interiori. Oppure semplicemente si sono talmente tanto abituati alla loro tensione, che quasi non ci fanno più caso e il loro malessere interiore è diventato la loro normalità; forse è proprio questo quello che prova una persona omertosa.

Ringrazio ogni giorno che mio padre abbia deciso di lasciare queste terre per una vita diversa, che abbia conosciuto luoghi e persone diverse, che si sia confrontato con sé stesso e con gli altri, che abbia saputo superare il divorzio con mia madre, ma soprattutto: che abbia tratto grandissimo insegnamento dalla sua esperienza.
Forse è questo il motivo per il quale riesco a vedere l’intera situazione da un punto di vista più esterno, poiché i miei genitori sono stati influenzati minimamente dalla mentalità omertosa che ha appestato come una delle più tremende malattie i miei parenti della Calabria, poiché mio padre, quando ha potuto, si è approcciato alla situazione in maniera completamente diversa, o almeno ci ha provato.

Mi piacerebbe parlare con mia zia, la moglie del "mostro",

magari passeggiando insieme nella campagna:
-Lo sai? Eri la mia zia preferita-
-…-
-Volevo dirti che sono pronto a perdonarti, nel mio cuore, per questa vita che ti sei scelta. Per essere rimasta sposata con lui, dopo tutto quello che ha fatto, dopo quello che si permette ancora di fare, dopo quello che farà in futuro-
-…-
-Non è la condanna a due anni di carcere (solo due?) che rende una persona espiata da peccati di questo tipo, zia. Soprattutto se si considera che il processo è avvenuto anni e anni dopo i drammatici episodi e solo perché mia cugina ne ha parlato con una sua insegnante, poiché tutti avevano seppellito questa storia. So che ti ostini a credere che è tutto passato, che tuo marito ha pagato la sua colpa, ma se ascoltassi il tuo cuore, scopriresti che ti sei rinchiusa in una scatola di illusioni. La pena che lui si meritava doveva essere l’indifferenza di tutti-
-…-
-Volevo dirti che credo di sapere perché hai deciso di restare con lui dopo che per più volte ha abusato della tua piccola nipote nella tua casa. Volevo dirti che sono pronto a perdonarti per quello che avresti potuto fare in un lontano passato, ma che non hai fatto; forse, è proprio questo che invece tu non perdonerai mai a te stessa-
-…-
-Volevo dirti che perdonando te, perdono anche tutti voi, zii e cugini, che avete tralasciato la storia, che avete protetto il buon nome della famiglia, ma soprattutto, che avete protetto voi stessi e il vostro orgoglio ferito, invece di proteggere la vera vittima di queste vicenda-
-…-
-Volevo dirti che se parlo ancora del passato non è per rivendicare i torti subiti e per fare giustizia, ma perché solo un’analisi approfondita della nostra esperienza può farci capire come vogliamo vivere il nostro presente.-

L’omertà è un crimine?

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Giorgio S
chinco

PsicoLOGO e mindfulness teacher

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